IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere della Banca centrale europea (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)In risposta alla crisi finanziaria mondiale del 2008-2009, l’Unione ha avviato una riforma di ampio respiro del quadro prudenziale per gli enti, quale definito nel regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), al fine di aumentare la resilienza del settore bancario dell’Unione. Uno degli elementi principali della riforma è consistito nell’attuazione delle norme internazionali concordate nel 2010 dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (CBVB), in particolare la cosiddetta «riforma di Basilea III» e i conseguenti principi di Basilea III. Grazie a tale riforma, il settore bancario dell’Unione è entrato nella crisi della COVID-19 contando su basi resilienti. Tuttavia, sebbene il livello complessivo di capitale presente negli enti dell’Unione sia ora generalmente soddisfacente, alcune delle problematiche individuate a seguito della crisi finanziaria mondiale devono ancora essere affrontate.
(2)Per affrontare tali problematiche, garantire certezza del diritto e dare prova dell’impegno dell’Unione ai suoi partner internazionali nel G20, è della massima importanza attuare fedelmente nel diritto dell’Unione gli elementi in sospeso della riforma di Basilea III concordata nel 2017 («quadro definitivo di Basilea III»). Allo stesso tempo, l’attuazione dovrebbe evitare un aumento significativo dei requisiti patrimoniali complessivi per il sistema bancario dell’Unione nel suo complesso e tenere conto delle specificità dell’economia dell’Unione. Laddove possibile, eventuali adeguamenti delle norme internazionali dovrebbero essere applicati in via transitoria. L’attuazione dovrebbe contribuire ad evitare svantaggi competitivi per gli enti dell’Unione, in particolare nel settore delle attività di negoziazione nel contesto delle quali tali enti competono direttamente con i loro omologhi internazionali. Inoltre, con l’attuazione del quadro definitivo di Basilea III, l’Unione porta a termine un processo decennale di riforma. In tale contesto, l’Unione dovrebbe effettuare una valutazione globale del suo sistema bancario, tenendo conto di tutte le dimensioni pertinenti. La Commissione dovrebbe essere incaricata di effettuare un riesame olistico del quadro per i requisiti prudenziali e di vigilanza. Tale riesame dovrebbe tenere conto non solo dei vari tipi di forme societarie, strutture e modelli aziendali in tutta l’Unione ma anche dell’attuazione dell’output floor. Tale riesame dovrebbe inoltre tenere conto l’attuazione dell’output floor nell’ambito delle norme prudenziali in materia di capitale e liquidità, nonché del suo livello di applicazione. Il riesame dovrebbe valutare se l’output floor e il suo livello di applicazione garantiscono un livello adeguato di protezione dei depositanti e salvaguardano la stabilità finanziaria nell’Unione, tenendo conto degli sviluppi a livello dell’Unione e dell’unione bancaria in tutte le sue dimensioni. A tale riguardo, la Commissione tiene debitamente conto delle rispettive dichiarazioni e conclusioni sull’unione bancaria sia del Parlamento europeo che del Consiglio europeo.
(3)Il 27 giugno 2023 la Commissione si è impegnata a effettuare una valutazione olistica, equa ed equilibrata dello stato del sistema bancario e dei quadri normativi e di vigilanza applicabili nel mercato unico. A tal fine terrà conto dell’impatto delle modifiche del regolamento (UE) n. 575/2013 introdotte dal presente regolamento, nonché dello stato dell’unione bancaria in tutte le sue dimensioni. La Commissione esaminerà, tra le varie questioni, l’attuazione dell’output floor, compreso il suo livello di applicazione. Essa effettuerà tale valutazione sulla base del contributo dell’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea) (ABE), istituita dal regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), della Banca centrale europea e del meccanismo di vigilanza unico, e consulterà le parti interessate per garantire che si tenga adeguatamente conto delle diverse prospettive. La Commissione presenterà, se del caso, una proposta legislativa basata su tale relazione.
(4)Il regolamento (UE) n. 575/2013 consente agli enti di calcolare i propri requisiti di fondi propri utilizzando metodi standardizzati oppure metodi basati su modelli interni. I metodi standardizzati richiedono agli enti di calcolare i requisiti di fondi propri utilizzando parametri fissi, che si basano su ipotesi relativamente prudenti e sono stabiliti nel regolamento (UE) n. 575/2013. I metodi basati su modelli interni, che devono essere approvati dalle autorità competenti, consentono agli enti di stimare autonomamente la maggior parte o la totalità dei parametri necessari per calcolare i requisiti di fondi propri. Nel dicembre del 2017 il CBVB ha deciso di introdurre un output floor aggregato. Tale decisione si basava su un’analisi condotta a seguito della crisi finanziaria mondiale del 2008-2009, dalla quale è emerso che i modelli interni tendono a sottovalutare i rischi cui sono esposti gli enti, in particolare per determinate tipologie di esposizioni e rischi e, di conseguenza, tendono a comportare requisiti di fondi propri insufficienti. Rispetto ai requisiti di fondi propri calcolati utilizzando i metodi standardizzati, i modelli interni producono, in media, requisiti di fondi propri inferiori a parità di esposizioni.
(5)L’output floor rappresenta una delle misure chiave della riforma di Basilea III. Mira a limitare la variabilità ingiustificata dei requisiti di fondi propri prodotta dai modelli interni e la riduzione eccessiva del capitale che un ente che ricorre a modelli interni può ottenere rispetto a un ente che utilizza i metodi standardizzati. Fissando un limite inferiore per i requisiti di fondi propri prodotti dai modelli interni degli enti pari al 72,5 % dei requisiti di fondi propri che si applicherebbero se tali enti utilizzassero metodi standardizzati, l’output floor limita il rischio di riduzioni eccessive del capitale. A tal fine, gli enti che usano modelli interni dovrebbero calcolare i requisiti di fondi propri totali in due insiemi, ciascuno dei quali che aggreghi tutti i requisiti di fondi propri senza alcuna duplicazione. L’attuazione fedele dell’output floor aumenterebbe la comparabilità dei coefficienti di capitale degli enti, ripristinerebbe la credibilità dei modelli interni e assicurerebbe parità di condizioni tra gli enti che utilizzano metodi diversi per calcolare i propri requisiti di fondi propri.
(6)Al fine di garantire che i fondi propri siano adeguatamente distribuiti e disponibili per proteggere i risparmi ove necessario, l’output floor dovrebbe essere applicato a tutti i livelli di consolidamento, a meno che uno Stato membro ritenga che tale obiettivo possa essere conseguito efficacemente in altri modi, in particolare per quanto riguarda i gruppi quali i gruppi cooperativi con un organismo centrale e gli enti affiliati situati in tale Stato membro. In tali casi uno Stato membro dovrebbe poter decidere di non applicare l’output floor su base individuale o subconsolidata agli enti in tale Stato membro, a condizione che, al più alto livello di consolidamento nello Stato membro, l’ente impresa madre di tali enti nello Stato membro rispetti l’output floor sulla base della sua situazione consolidata.
(7)Il CBVB ha riscontrato che l’attuale metodo standardizzato per il rischio di credito (SA-CR) non è sufficientemente sensibile al rischio in diversi settori e tale circostanza determina misurazioni imprecise o inadeguate, troppo elevate o troppo basse, del rischio di credito e quindi dei requisiti di fondi propri. Le disposizioni relative al metodo SA-CR dovrebbero pertanto essere rivedute al fine di aumentare la sensibilità al rischio di tale metodo in relazione a diversi aspetti chiave.
(8)Per le esposizioni provviste di rating verso altri enti, alcuni fattori di ponderazione del rischio dovrebbero essere ricalibrati secondo i principi di Basilea III. Inoltre, il trattamento della ponderazione del rischio per le esposizioni prive di rating verso enti dovrebbe essere reso più dettagliato e disaccoppiato dal fattore di ponderazione del rischio applicabile all’amministrazione centrale dello Stato membro in cui è stabilito l’ente debitore, in quanto non si dovrebbe più presumere un sostegno pubblico implicito a favore di tali enti.
(9)Per le esposizioni al debito subordinato e assimilato sotto il profilo prudenziale nonché per le esposizioni in strumenti di capitale è necessario un trattamento più dettagliato e rigoroso della ponderazione del rischio al fine di riflettere il rischio di perdita più elevato di tali esposizioni rispetto alle esposizioni debitorie, nonché di prevenire l’arbitraggio regolamentare tra il portafoglio di non negoziazione e quello di negoziazione. Gli enti dell’Unione detengono investimenti in strumenti di capitale strategici di lunga data in imprese finanziarie e non finanziarie. Dato che il fattore di ponderazione del rischio standard per le esposizioni in strumenti di capitale aumenta nel corso di un periodo transitorio di cinque anni, le partecipazioni strategiche esistenti in società e talune imprese di assicurazione soggette al controllo o ad influenza significativa dell’ente dovrebbero essere soggette a clausola grandfathering al fine di evitare effetti perturbatori e preservare il ruolo degli enti dell’Unione in veste di investitori in strumenti di capitale strategici di lunga data. Date le tutele prudenziali e la vigilanza prudenziale destinate a favorire l’integrazione del settore finanziario, per le partecipazioni in altri enti del medesimo gruppo o coperti dallo stesso sistema di tutela istituzionale, si dovrebbe mantenere il regime attualmente in vigore. Inoltre, al fine di rafforzare le iniziative private e pubbliche volte a fornire capitale a lungo termine alle imprese dell’Unione non quotate, gli investimenti effettuati direttamente o indirettamente, ad esempio attraverso imprese di venture capital, non dovrebbero essere considerati speculativi laddove siano effettuati con la ferma intenzione dell’alta dirigenza di detenerli per almeno tre anni.
(10)Al fine di stimolare taluni settori dell’economia, i principi di Basilea III prevedono in capo alle autorità competenti il potere discrezionale di assolvere i propri compiti di vigilanza che consente agli enti di applicare, entro determinati limiti, un trattamento preferenziale alle partecipazioni acquisite nel contesto di programmi legislativi che prevedono consistenti sovvenzioni per investimenti e comportano una vigilanza pubblica e restrizioni agli investimenti in strumenti di capitale. L’attuazione di tale discrezionalità nel diritto dell’Unione dovrebbe altresì contribuire a promuovere gli investimenti a lungo termine in strumenti di capitale.
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