“Di fatto la Turchia viola i diritti dei transessuali poichè la sua legge vieta il cambiamento di sesso qualora la persona fosse in grado di procreare”. Ciò è quanto deciso dalla Corte europea dei Diritti Umani,che ha condannato lo Stato per aver violato il diritto al rispetto della vita privata di una donna,a cui un tribunale negò nel 2005 la possibilità di cambiare sesso,da donna ad uomo.
Si tratta della prima volta che i giudici di Strasburgo hanno fissato dei principi che leggi nazionali in materia di cambiamento di sesso devono contenere per essere in linea con la Convenzione europea dei Diritti Umani. Gli stessi hanno sostenuto che porre come prerequisito,per autorizzare il cambio di sesso, la definitiva incapacità di procreare, non è necessario in una società democratica, poiché tale condizione viola di fatto il diritto al rispetto della vita privata sancito dall'Articolo 8 della Convenzione europea dei Diritti Umani.
I giudici hanno rilevato che, sebbene l’Articolo in questione non imponga ai 47 Stati del Consiglio d'Europa di garantire ai transessuali un diritto incondizionato alla chirurgia di conversione sessuale, impone però loro di garantirgli il diritto allo sviluppo della loro personalità e il diritto all'integrità fisica e morale, precisando inoltre che nel caso in questione, la decisione presa dal tribunale turco di non autorizzare il cambiamento di sesso, ha messo direttamente in gioco la libertà della donna di definire il proprio aspetto sessuale e che tale libertà debba essere considerata come uno degli elementi più essenziali del diritto all'autodeterminazione.