LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)Conformemente all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea, l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Gli articoli 1, 4 e 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta») stabiliscono che la dignità umana è inviolabile e deve essere rispettata e tutelata, che nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti e che ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Gli articoli 7 e 24 della Carta sanciscono il diritto alla vita familiare e i diritti del minore. L’articolo 21 della Carta vieta qualsiasi forma di discriminazione. Gli articoli 47 e 48 della Carta riconoscono il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, nonché la presunzione di innocenza e i diritti della difesa. L’articolo 52 della Carta stabilisce che eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti fondamentali ivi riconosciuti devono essere previste dalla legge e devono rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà, nonché i principi di necessità e proporzionalità.
(2)Gli Stati membri sono già giuridicamente vincolati dagli strumenti esistenti del Consiglio d’Europa in materia di diritti umani e di proibizione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti, in particolare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e relativi protocolli, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti del 1987. Tutti gli Stati membri sono inoltre parti della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (UNCAT).
(3)È altresì necessario tenere conto di una serie di strumenti non giuridicamente vincolanti che trattano in modo più specifico i diritti delle persone private della libertà personale, in particolare: a livello di Nazioni Unite, le regole minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti (regole Nelson Mandela); le regole minime standard delle Nazioni Unite per le misure non detentive (regole di Tokyo); nonché, a livello di Consiglio d’Europa, la raccomandazione Rec(2006)2-Rev sulle regole penitenziarie europee; la raccomandazione Rec(2006)13 sull’uso della custodia cautelare, le condizioni in cui viene eseguita e l’attuazione di garanzie contro gli abusi; la raccomandazione CM/Rec(2017)3 sulle regole europee sulle misure e sanzioni di comunità; la raccomandazione CM/Rec(2014)4 sulla sorveglianza elettronica; la raccomandazione CM/Rec(2010)1 sulle regole del Consiglio d’Europa in materia di sospensione condizionale (probation); e il Libro bianco sul sovraffollamento carcerario.
(4)Esistono inoltre altri strumenti relativi a categorie specifiche di persone private della libertà personale, in particolare: a livello di Nazioni Unite, le regole delle Nazioni Unite per la protezione dei minori privati della libertà e le regole delle Nazioni Unite relative al trattamento delle donne detenute e alle misure non detentive per le donne autrici di reato (regole di Bangkok); la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (UNCRC); nonché, a livello di Consiglio d’Europa, la raccomandazione CM/Rec(2008)11 sulle regole europee per i minori autori di reato destinatari di sanzioni o misure; la raccomandazione CM/Rec(2018)5 relativa ai minori figli di genitori reclusi; la raccomandazione CM/Rec (2012)12 sui detenuti stranieri; nonché, a livello internazionale non governativo, i Principi sull’applicazione del diritto internazionale in materia di diritti umani in relazione all’orientamento sessuale e all’identità di genere (principi di Yogyakarta), elaborati dalla Commissione internazionale di giuristi (International Commission of Jurists - ICJ) e dal Servizio internazionale per i diritti umani (International Service for Human Rights - ISHR).
(5)La Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto, nella sentenza Aranyosi/Căldăraru e in sentenze successive (1), l’importanza delle condizioni di detenzione nel contesto del riconoscimento reciproco e dell’applicazione della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio (2) relativa al mandato d’arresto europeo. Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata in merito all’impatto di condizioni di detenzione inadeguate sul funzionamento del mandato d’arresto europeo (3).
(6)Nelle conclusioni del Consiglio del dicembre 2018 «Promuovere il riconoscimento reciproco rafforzando la fiducia reciproca», gli Stati membri sono stati esortati ad avvalersi di misure alternative alla detenzione al fine di ridurre la popolazione all’interno dei centri di detenzione, contribuendo in tal modo all’obiettivo della riabilitazione sociale e tenendo conto altresì del fatto che la fiducia reciproca è spesso ostacolata da condizioni di detenzione inadeguate e dal sovraffollamento delle carceri (4).
(7)Nelle conclusioni del Consiglio del dicembre 2019 sulle misure alternative alla detenzione, gli Stati membri si sono impegnati a intraprendere a livello nazionale diverse azioni nel settore della detenzione, come l’adozione di misure alternative alla detenzione (5).
(8)Nelle conclusioni del Consiglio del giugno 2019 sulla prevenzione e la lotta alla radicalizzazione nelle carceri e sulla gestione degli autori di reati di terrorismo ed estremismo violento dopo la scarcerazione, gli Stati membri si sono impegnati ad adottare urgentemente misure efficaci in questo settore (6).
(9)Da diversi anni il Parlamento europeo sollecita la Commissione ad agire per affrontare la questione delle condizioni materiali di detenzione e per garantire che la custodia cautelare rimanga una misura eccezionale, da utilizzare nel rispetto della presunzione di innocenza. Tale richiesta è stata ribadita nella risoluzione del Parlamento europeo sul mandato d’arresto europeo (7).
(10)Su richiesta della Commissione e avvalendosi di un finanziamento della stessa, l’Agenzia per i diritti fondamentali ha realizzato una banca dati sulle condizioni di detenzione, attivata nel dicembre 2019 e di libero accesso (8). La banca dati sulla detenzione penale dell’Agenzia raccoglie informazioni sulle condizioni di detenzione in tutti gli Stati membri. Attingendo alle norme, alla giurisprudenza e alle relazioni di monitoraggio nazionali, dell’UE e internazionali, la banca dati fornisce informazioni in merito agli aspetti principali delle condizioni di detenzione, tra cui gli spazi delle celle, le condizioni sanitarie, l’accesso all’assistenza sanitaria e la protezione contro la violenza.
Per saperne di più:
Tratto da:
Link:
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv%3AOJ.L_.2023.086.01.0044.01.ITA&toc=OJ%3AL%3A2023%3A086%3ATOC
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