I giudici Ue hanno stabilito che il danno subito nel 2012 dai detentori privati di titoli di credito greci nel quadro della ristrutturazione del debito pubblico dello Stato greco non sia imputabile alla Banca Centrale europea, ma ai rischi economici presenti nelle attività del settore finanziario. ”Gli investitori privati non possono avvalersi del principio di protezione della buona fede, né del principio di certezza giuridica in un ambito come quello della politica monetaria, il cui oggetto comporta un costante adattamento in funzione delle variazioni della situazione economica…
…le stesse figure (investitori privati) avrebbero dovuto conoscere la situazione economica altamente instabile che determinava la fluttuazione dei valori dei titoli greci…essi non potevano dunque escludere il rischio di una ristrutturazione del debito pubblico greco, tenuto conto delle divergenze di opinione sul punto in seno all'Eurosistema e all'interno degli organismi coinvolti, ovvero Commissione europea FMI e BCE”, ha reso noto il Tribunale dell’Unione europea.