“Tutte le imprese che distaccano i lavoratori in un altro Paese europeo dovranno rispettarne le norme in materia di salari e diritto del lavoro”.Questo è quanto comunicato dalla Corte di Giustizia europea,che in una sentenza su una causa tra un impresa polacca e un sindacato finlandese ha ricordato che la Direttiva europea prevede che in materia di tariffe minime salariali le condizioni di lavoro e di occupazione garantite ai lavoratori distaccati siano fissate dalla normativa dello Stato membro ospitante,o per ciò che concerne il settore edile,dai contratti collettivi dichiarati di applicazione generale nello Stato membro ospitante.Il tutto ha avuto inizio nel momento in cui un impresa polacca - Esa - ha inviato 186 neoassunti su un cantiere in Finlandia senza concedere loro la retribuzione minima spettante in base ai contratti collettivi finlandesi del settore,con il risultato che gli stessi si rivolsero al sindacato di categoria finlandese che intententò una causa contro l'Azienda in Polonia.
Oggi la Corte di Giustizia europea si è quindi preoccupata di chiarire la nozione di tariffe minime salariali dei lavoratori distaccati,riconoscendo in tal caso al sindacato finlandese il diritto di ricorso nei confronti dell'impresa polacca e rilevando inoltre che l'indennità giornaliera per il distacco debba essere contabilizzata nel salario minimo,ma non versata come rimborso delle spese extra dovute al distacco.
Vitto e alloggio forniti dall'impresa ai lavoratori a compensazione del costo della vita nel Paese ospitante non potranno essere contabilizzati nel salario minimo.Allo stesso tempo anche l'ammontare della quattordicesima,ovvero la gratifica minima per ferie,dovrà essere in linea con il salario base percepito nel periodo di tempo di riferimento.
