La politica o la fai o la subisci:"E' vero anche per la politica europea".

Riportiamo il testo integrale della lettera che Lucio Battistotti,Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea ha indirizzato a Ferruccio De Bortoli, direttore de Il Corriere della Sera. La lettera,in versione ridotta, è stata pubblicata oggi sulla testata milanese (pag. 53).

Caro Direttore,

Leggendo l’intervento del 6 ottobre di Ernesto Galli della Loggia (“L’Italia in crisi ed il peccato originale dell’alibi europeo”) nel dibattito da egli stesso aperto lo scorso 29 Settembre su questo giornale,ho sentito il bisogno di esprimere alcune considerazioni non tanto e non solo in quanto rappresentante della Commissione europea in Italia, ma soprattutto in quanto cittadino uso, forse anche solo per mestiere, a inquadrare con qualche precisione i termini della presenza dell’Europa in Italia. E con essi, la vexata quaestio della cessione di sovranità.

Colgo quest’occasione, se me lo consente, anche per richiamarmi ad alcune considerazioni a mio avviso parziali svolte lo scorso 13 maggio sempre su questo giornale e sempre da Galli della Loggia riguardo a quella che egli ritiene la totale inesistenza di uno "spazio politico europeo comune". Metto le due questioni assieme perché, come correttamente ci ricorda Galli della Loggia, la questione dell'esistenza di uno spazio politico europeo comune e la questione della sovranità in Europa sono due concetti intimamente legati, anzi il primo è condizione per l'esercizio democratico a livello europeo della seconda. E’ di tutta evidenza che la questione della sovranità si pone in termini di condivisione e non di cessione, solo se vi è uno spazio politico europeo dove le idee su come esercitarla sono contendibili a livello di quello spazio, cioè l'Europa. Se così non è, se cioè non esiste uno spazio politico comune in Europa su cui innestare un discorso democratico sul come esercitare una sovranità sovranazionale, allora sì che ogni spostamento di potere dal livello nazionale a quello europeo sarebbe improprio, rectius quasi un “es-proprio”, per dirla con le tinte fosche cui Galli ci ha abituato quando scrive di questo tema.

In Europa uno spazio politico comune e il sistema democratico che ne consegue sono entrambi copie sbiadite e per lo più futuribili di ciò che accade in ciascuno degli Stati Membri dell'UE. Per come sono andate le cose nel 2014 e nel corso della campagna elettorale per le elezioni europee, tuttavia, sarebbe fuorviante dare l'impressione che nulla si stia muovendo, ma proprio nulla, sotto il cielo di uno "spazio politico europeo". La crisi che abbiamo vissuto ha fatto entrare l'Europa nei bar, nelle scuole e nelle piazze molto più di quanto non fosse mai successo. E anche se è stato per parlarne male, questo ha concorso comunque alla creazione di un primo embrione di "discorso politico europeo". Non dimentichiamo poi la grande novità delle passate elezioni europee, laddove i partiti politici europei, cui la grande maggioranza dei partiti italiani è affiliata, hanno espresso un candidato per la presidenza dell'esecutivo dell'Unione, la Commissione. Abbiamo assistito per la prima volta a dei dibattiti pubblici tra 5 candidati, ritrasmessi in diretta in tutta Europa, e abbiamo cominciato a capire qualcosa di più su "che tipo di Europa" avevano in mente quei signori. E se non l'abbiamo capito, è probabilmente perché non abbiamo voluto occuparcene, non perché fosse incomprensibile. Più o meno come ci succede per la politica nazionale. Tutti questi, pur molto embrionalmente e con tutti i limiti, sono i primi vagiti di uno spazio politico europeo. La prossima volta, nel 2019, questo processo sarà sicuramente ancora più visibile e strutturato.

Se teniamo conto di ciò, e ne apprezziamo la novità (o non la apprezziamo, ma non possiamo ignorarla!), diventa francamente difficile chiudere il discorso sulla sovranità in Europa in espressioni come “gigantesca dimissione di ruolo” o addirittura “un’abdicazione nazionale” inflitta dall’Italia a se stessa sulla base di una surrettizia interpretazione dell’articolo 11 della Costituzione, proprio quello che a mio avviso ci consente invece di partecipare, in condizioni di parità con gli altri, alla contendibilità delle idee sul nostro comune futuro in Europa (in altre parole, allo “spazio politico europeo”). E pazienza se chi scrisse quell'articolo non pensava che un mondo diventato infinitamente più piccolo ci avrebbe fatto imboccare anche questa strada.

Stupisce lo stupore con il quale ci si accorge ora che in Italia “il Parlamento e la volontà popolare hanno perduto il loro carattere di unica fonte delle leggi”. Ma dov’è lo scandalo? Il 25 maggio scorso (come tante altre volte addietro), non siamo forse andati a votare a suffragio universale diretto, oltretutto sulla base di un sistema elettorale proporzionale, per un Parlamento europeo che in questi giorni sta esprimendo la sua fiducia o la sua sfiducia ad un esecutivo guidato dal candidato leader del partito più votato? Il fatto che gli italiani abbiano trasmesso legittimità democratica a queste Istituzioni sovranazionali non da soli ma in concorso con altri popoli e che lo abbiano fatto unicamente su sfide che con questi popoli hanno in comune, rende forse il processo un’espropriazione di sovranità? E’ francamente difficile sostenerlo oggigiorno. L’obiezione di Galli sembra essere, mi pare, che poiché non esiste uno spazio politico europeo, la democrazia delle procedure (anche il voto per un Parlamento sovranazionale) sarà sempre un esercizio formale e non di democrazia sostanziale. Nel mondo di oggi, tuttavia, questa visione comincia ad essere inattuale: fin tanto che a Bruxelles ed a Strasburgo esisterà e sarà rispettato il principio di sussidiarietà (un principio quasi “costituzionale”, per l'UE), secondo il quale si decide assieme solo sulle questioni dove ha senso farlo perché le sfide sono comuni, non è forse possibile esercitare almeno su quelle sfide comuni un dibattito democratico di livello europeo, e dunque partecipare a quello spazio politico comune che è il presupposto di ogni esercizio legittimo e democratico della sovranità?

Oggi un ventenne di Reggio Calabria ha molto più in comune con il suo coetaneo di Dublino quanto a sfide per il futuro (dalla qualità dell’acqua che beve e dell’aria che respira fino al tipo di lavoro ed opportunità che avrà nel mercato unico), di quanto non abbia con suo padre o suo nonno nati e vissuti nello stesso quartiere dove egli vive oggi. E’ su queste sfide comuni che la generazione Erasmus, che si è fusa ormai con quella dei nativi digitali, non ha difficoltà a misurarsi a livello continentale (i social media proiettano istantaneamente un’idea ben concepita in uno spazio politico europeo, anzi mondiale!), e a concorrere col voto a formare una maggioranza politica all’interno di un parlamento continentale. Quest’ultimo a sua volta darà una forma e un colore alle politiche che saranno attuate dal “Governo europeo” di Bruxelles,che se compreso correttamente è pur sempre un governo con dei ministri (i commissari) che gode della fiducia di un parlamento eletto da tutti noi.

Certo, perché questo discorso tenga e non ci porti alla creazione di un mostro Leviatano, è necessario che la democrazia europea, con tutti i suoi annessi e connessi che vanno da uno spazio politico europeo contendibile fino alle Istituzioni sovranazionali, si eserciti unicamente sulla base del principio di sussidiarietà, ossia sulla base delle sfide che abbiamo effettivamente in comune. Per questo mi sento di tranquillizzare Galli della Loggia nel senso che non esisterà mai chi assennatamente, in Europa, possa vedere una massa critica di “cose da fare insieme” sufficiente per dar corpo a un super Stato sul modello di quelli nazionali ed unitari. Ma ce n'è sicuramente abbastanza, di sfide comuni al giovane di Reggio e di Dublino, per costruirci un discorso europeo, che crei uno spazio politico europeo ed una forma, pur leggera rispetto agli esempi nazionali, di democrazia e sovranità gestita a livello comune.

La sfida di comprensione del nostro tempo sta tutta qui e mi piace pensare che il giovane nativo digitale di ritorno da un Erasmus si stupisca dello stupore di Galli della Loggia più velocemente e più spontaneamente di quanto non possa fare io che lo faccio per mestiere.

Fonte:Commissione europea - Rappresentanza in Italia.

 

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