Dopo anni di "lungo sonno dogmatico" i Paesi dell'Unione europea stanno riscoprendo la necessità di una adeguata politica industriale. Sì perché – è inutile nasconderlo - per molto tempo, gli Stati nazionali hanno coltivato l'illusione che l'economia potesse abbandonare al proprio destino l'industria e il manifatturiero per concentrarsi sulla finanza e sui servizi.
Ora, però, l'esasperante (e certo non superata) crisi recessiva ha dimostrato che senza una congrua base industriale non è possibile innovare ed esportare. In una parola, crescere. Di qui il nuovo impulso che le istituzioni europee – soprattutto dopo il Consiglio europeo del marzo scorso - stanno dando a quello che è stato definito il "nuovo Rinascimento industriale", un programma ambizioso che mira a rafforzare il tessuto dell'industria europea.
Si tratta di un'iniziativa molto complessa, di non facile attuazione poiché – come è noto – il Trattato di Lisbona (art. 173) attribuisce all'Unione soltanto competenze di supporto al rilancio dell'attività industriale che resta gelosamente custodita tra le prerogative degli Stati nazionali. Eppure sono i fatti, l'interdipendenza dei mercati, l'avanzamento del mercato interno, che rendono sempre più indispensabile un'azione concordata tra i vari partners, soprattutto in quei campi in cui l'Ue esercita competenze concorrenti.
Ecco quindi che sono almeno quattro i percorsi che la Commissione di Bruxelles (grazie soprattutto all' opera del commissario italiano all'industria, Ferdinando Nelli Feroci, che sarà sostituito nella commissione Juncker dalla rappresentante polacca Elzbieta Binkowska) sta battendo per rilanciare l'attività industriale:
1)Facilitare l'accesso al credito;
2)Ridurre i costi dell'energia e rendere più agevole l'accesso alle materie prime;
3)Facilitare l'accesso a mercati;
4)Migliorare la qualità della legislazione vigente, riducendo gli oneri burocratici ed amministrativi.
Sono punti essenziali per consentire ai Paesi dell'Unione di riprendere slancio sulla strada della competitività e della crescita. Basti pensare soltanto al problema cruciale dell'accesso al credito che riguarda soprattutto la rete delle piccole e medie imprese (Pmi) che continuano a trainare l'economia continentale.
Come è stato ampiamente sottolineato dall'Assemblea nazionale delle Pmi (svoltasi a Napoli alla presenza di Giorgio Napolitano) si tratta di un macrocosmo che comprende, in Europa, oltre venti milioni di piccole e medie imprese che combattono una dura battaglia di sopravvivenza contro l'eccessivo peso burocratico, i ritardi dei pagamenti e le difficoltà nel reperimento dei finanziamenti.
Quindi si tratta di voltare pagina e di dedicare una nuova, maggiore, attenzione ai problemi dell'"economia reale" e giacché è evidente che l'Europa non può riprendersi e prosperare senza una forte base industriale. C'è bisogno di un recupero di competitività che riguarda anzitutto (ma non solo) il settore manifatturiero. Essa abbraccia infatti anche le materie prime, i servizi alle imprese, i servizi per i consumatori e il turismo. Basti ricordare che ogni quattro posti di lavoro creati nel settore privato uno è dell'industria, mentre ogni nuovo posto di lavoro nel settore manifatturiero contribuisce alla creazione di altri due posti di lavoro in altri settori.
E' noto, d'altra parte, che l'industria contribuisce per l'80 per cento alle esportazioni della Ue e all'80 per cento della ricerca privata in innovazione. Eppure la crisi nel settore manifatturiero ha lasciato un segno pesante. Si calcola che dal 2008 ad oggi siano stati persi 3,5 milioni di posti di lavoro nei Paesi dell'Ue; e le performance di produttività sono vistosamente calate rispetto a quelli dei nostri principali concorrenti. Si comprendono quindi le ragioni del rilancio di una politica industriale integrata, l'esigenza di una strategia innovativa auspicata dalla Commissione con la comunicazione "Per un rinascimento industriale europeo". Si tratta di avviare un processo virtuoso di reindustrializzazione dell'Unione per favorire competitività e innovazione. La sfida è enorme, ma ancora una volta essa pone l'Ue nel suo complesso di fronte ad un bivio:"Intraprendere una strada unitaria verso il futuro o assistere al proprio inesorabile declino".
Fonte:Commissione europea - Rappresentanza in Italia.